Il calcio è una religione e viene prima di tutto il resto. Ma quando a
Roma non ci sono i soldi neppure per i servizi sociali essenziali,
anche la costruzione di un nuovo stadio deve lasciare spazio ad altre
priorità. Certo le promesse sono merce preziosa in campagna elettorale
ma ormai le urne sono lontane, i buchi di bilancio incombono così come
le disillusioni.
Era lo scorso marzo quando Gianni Alemanno dava il via
libera per la costruzione del nuovo stadio dell’ A.s. Roma. Eppure i
900 milioni di rosso c’erano già. Ma come si è arrivati a questa
decisione? È gennaio 2012 quando la società giallorossa affida alla
Cushman & Wakefield l’incarico di analizzare le proposte di
possibili terreni messi a disposizione per realizzare lo stadio. Ne
arrivano un centinaio.
La Cushman ne seleziona prima 80, poi 3. A Natale
del 2012, con una conferenza ad Orlando alla quale partecipa la
dirigenza della Roma e il costruttore Luca Parnasi (project manager),
viene comunicata la scelta di Tor di Valle. L’architetto che redigerà il
progetto è lo statunitense Dan Meis, che ha già realizzato numerosi
stadi negli Usa. Un progetto definitivo però ancora non c’è e tutti
aspettano che il sindaco Marino si esprima, dicendo chiaramente se è
favorevole o meno all’opera, i cui lavori potrebbero iniziare la
prossima estate.
Un’ipotesi che lascia Lorenzo Parlati, presidente di
Legambiente Lazio, scettico: “le normative urbanistiche sono molto
macchinose e vanno dall’invio dei progetti agli uffici tecnici
competenti per ambiente ed urbanistica, fino a deliberazioni del
Consiglio Comunale, della Giunta, l’invio del progetto alla Regione e
alla Provincia. Per non parlare dell’intervento delle Sovrintendenze”.
La burocrazia
Insomma, da un punto di vista burocratico, potrebbero esservi dei
rallentamenti. Ma non è l’unica criticità riscontrata. L’area
interessata, infatti, è stata oggetto d’un attento studio del WWF nel
2008. Leggendolo, si scopre che: “L’area golenale del tratto di fiume in
oggetto non prevede ulteriori insediamenti, rispetto a quelli già
esistenti. Altri non sono compatibili”.
Ed in effetti, per il Npgr, la zona era destinata ad altri consumi. Come
ricorda Legambiente “97 ettari di Tor di Valle sono disciplinati come
Agro Romano”. Un ultimo lembo, in cui “insistono numerose specie
animali, scriveva il Wwf. Ma oltre alla questione ambientale, va
considerato che l’area di Tor di Valle è situata in un contesto su cui
pende anche la futura urbanizzazione di Casal Grottoni, 190 mila mc di
cemento. Un quadrante per il quale è già ora lecito parlare di mobilità
insostenibile. “Partiamo da uno stato di fatto: la Via del Mare che è
la prima autostrada fatta a Roma, è del 1928 – ricorda l’ urbanista
Paolo Berdini – e non può essere allargata, perché sul lato destro
andando verso Roma c’è l’impalcato delle ferrovia e dall’altra parte c’è
il Tevere”. Un’infrastruttura problematica.
I collegamenti
“Chi viene da Ostia o da Acilia, sa che deve affrontare ogni giorno 20
minuti di fila, per raggiungere il Gra – ricorda Berdini – Quindi
aumentare il carico urbanistico su una strada già oggi al collasso,
significa portare questa città sull’orlo del baratro”. “Trasformare la
Via del Mare e l’Ostiense in strade a senso unico, è semplicemente
irragionevole – fa notare sempre Berdini – Quelle strade devono
funzionare con un doppio senso e purtroppo hanno limiti invalicabili di
ampliamento. Ed allora bisogna far tesoro e pensare che c’è
un’alternativa all’automobile. C’è una ferrovia su cui non si è mai
investito dagli anni Venti”.
Rimane dunque sul tappeto, la questione di
chi dovrà pagare le infrastrutture viarie e trasportistiche necessarie
per far partire il progetto del nuovo stadio. E con un bilancio in rosso
per quasi 900 mln di euro, risulta davvero difficile credere che possa
farlo Roma Capitale.
Fonte: La Notizia (di Daniele Marini, ha collaborato Fabio Grilli)
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